Affitti, arriva la stangata. Di quanto aumentano le tasse per proprietari e affittuari. Quando e a chi tocca

La notizia è suonata come un vero e proprio allarme per tutti i locatori di affitti brevi. Cambia la cedolare secca, con un significativo passaggio dal 21 al 26%. Che vuol dire? E riguarda tutti? No, ma procediamo con ordine e spieghiamo come stanno le cose. Anche nel 2023 c’è stato un boom delle locazioni turistiche brevi, un trend in continuo aumento e che sta mettendo sempre più in crisi hotel ed attività alberghiere. In questo scacchiere giocano un ruolo fondamentale le tante piattaforme web che consentono di mettere in contatto domanda e offerta di alloggi e pagare poi una piccola tassazione tramite il sistema della cedolare secca. Ecco dunque che il governo ha deciso di intervenire, andando proprio a ritoccare il regime della cedolare secca per chi affitta i propri immobili a turisti e persone di passaggio in città.

L’aspetto centrale è l’aumento della cedolare secca al 26%, ma non per tutti. Gli affitti brevi – ricordiamolo – sono un contratto di locazione di immobile a uso abitativo, di durata non maggiore di 30 giorni, sottoscritto da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività imprenditoriale. Per non essere considerata attività imprenditoriale il singolo proprietario può gestire non più quattro appartamenti con la formula dell’affitto breve di tipo turistico. Come spiega il sito web ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, la cedolare secca tecnicamente è un regime fiscale opzionale sulla scorta di cui il reddito di locazione è tassato tramite aliquota fissa; un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali, che vale sul reddito che scaturisce dalla locazione dell’immobile. Per i contratti con regime di cedolare secca, non saranno da pagare l’imposta di registro e l’imposta di bollo, tipicamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione.

La cedolare secca al 21% si applicava fino al 2023 a chi si avvale del regime delle locazioni brevi. La legge di Bilancio 2024, invece, comporta il passaggio dall’aliquota al 21% a quella al 26% per i redditi derivanti da questi contratti (canoni), anche se solo per gli immobili oltre il primo. Come spiega il portale Lavoro e Diritti, pertanto si ha una distinzione: “Se il contribuente ha soltanto un immobile locato con affitto breve, il prelievo della cedolare resta quello di sempre, cioè fisso al 21%; l’aumento al 26% scatta quindi dal secondo immobile e fino al quarto; se poi gli immobili sono più di quattro, a quel punto l’attività viene inquadrata come impresa, con l’obbligo conseguente per il locatore di aprirsi la partita IVA”. Semplificando può capitare che un locatore dia in affitto breve tre immobili, su uno di essi (a sua scelta) verrà applicata la cedolare “light” del 21%, mentre sugli altri due quella nuova del 26%.

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